mercoledì 26 giugno 2013

FAI BEI SOGNI di Massimo Gramellini

5/5 Trama: Fai bei sogni è la storia di un segreto celato in una busta per quarant'anni. La storia di un bambino, e poi di un adulto, che imparerà ad affrontare il dolore più grande, la perdita della mamma, e il mostro più insidioso: il timore di vivere. Fai bei sogni è dedicato a quelli che nella vita hanno perso qualcosa. Un amore, un lavoro, un tesoro. E rifiutandosi di accettare la realtà, finiscono per smarrire se stessi. Come il protagonista di questo romanzo. Uno che cammina sulle punte dei piedi e a testa bassa perché il cielo lo spaventa, e anche la terra. Fai bei sogni è soprattutto un libro sulla verità e sulla paura di conoscerla. Immergendosi nella sofferenza e superandola, ci ricorda come sia sempre possibile buttarsi alle spalle la sfiducia per andare al di là dei nostri limiti. Massimo Gramellini ha raccolto gli slanci e le ferite di una vita priva del suo appiglio più solido. Una lotta incessante contro la solitudine, l'inadeguatezza e il senso di abbandono, raccontata con passione e delicata ironia. Il sofferto traguardo sarà la conquista dell'amore e di un'esistenza piena e autentica, che consentirà finalmente al protagonista di tenere i piedi per terra senza smettere di alzare gli occhi al cielo.

[spoiler]
Gramellini per me è il giornalista che dice le notizie da Fazio, a Che tempo che fa.
E' ironico, è diretto, è lui.
Leggere questo libro è stato un po' come farmi gli affari suoi, come passare una giornata con lui (lontano dalla televisione) e vedere un po' che fa.
Da una parte vorrei continuare a vederlo come giornalista, arguto e ironico seduto nella poltroncina di Fazio. Dall'altra parte poter toccare anche se per un breve istante quello che è stato prima, è spiazzante, ma lo vedo come una sorta di liberazione per lui e un onore per me.
Sì un onore perchè lui mi piace, e quando una persona mi piace vorrei poterlo conoscere di più, vorrei un po' farlo mio, sono gelosa e golosa del tempo che potrei trascorrere insieme.
Il romanzo in sè non è un capolavoro, è scritto in modo piuttosto semplice (che da un giornalista come lui mi aspettavo più arzigogolato), lo si legge alla svelta, e si soffre con lui.
Ma il vero protagonista in questa vicenda, non è lui, bambino abbandonato da una madre malata, non è nemmeno la madre che per paura ed egoismo preferisce morire invece che vivere. E' il padre. Lui è il vero eroe in questa vicenda.
Provate a pensare, ci vuole coraggio per buttarsi dal 5° piano, e quando si sente questa notizia si pensa a quanto triste poteva essere questa persona, spaventata, disillusa dalla vita.
Un bambino orfano di madre suicida, poverino, pensa a quali complessi si farà crescendo, nessuno dovrebbe crescere senza mamma.
E poi all'ombra c'è un padre.
Nessuno mai pensa a lui.
Lui che perde una moglie, l'amata che non ha voluto aggrapparsi alla sua mano stretta, che ha preferito andarsene e gli lascia un cuore dilaniato.
E in questo dolore c'è un figlio da crescere, da proteggere. Il papà deve fare tutto da solo. Non può confrontarsi su cosa potrebbe essere giusto o sbagliato per il proprio figlio, ha tutto il peso del mondo sulle spalle.
E' toccante, è umano, è un papà.
Io vorrei fare un appello a tutti i papà che si trovano in questa situazione: non negate mai parole e abbracci a vostro figlio, saranno le uniche cose a cui entrambi vi potrete aggrappare per dividere il dolore grande che state vivendo. Non vergognatevi mai di piangere e di esprimere il vostro dolore. Dentro vi logora, come una malattia.

[Note]
PAG.28
Non essere amati è una sofferenza grande, però non la più grande. La più grande è non essere amati più. Nelle infatuazioni a senso unico l'oggetto del nostro amore si limita a negarci il suo. Ci toglie qualcosa che ci aveva dato soltanto nella nostra immaginazione. Ma quando un sentimento ricambiato cessa di esserlo, si interrompe brutalmente il flusso di un'energia condivisa. Chi è stato abbandonato si considera assaggiato e sputato come una caramella cattiva. Colpevole di qualcosa d'indefinito.
Così mi sentivo io. Non avevo saputo trattenerla. Forse era andata a cercarsi un figlio che riuscisse a disegnarla meglio.
Eppure sentivo che sarebbe riapparsa. Magari con l'altro figlio. Pazienza. Avrei accettato qualsiasi umiliazione, purché tornasse da me. 
PAG.52
Mi tenne un discorso molto razionale che durò tre semafori rossi e si concluse in retromarcia al parcheggio con questo dispaccio solenne: eravamo sistemati male tutti e due, ma dei due chi stava messo peggio ero io, perchè una moglie si può sostituire, una mamma no.  (Un uomo che dice questo al proprio figlio lottando contro il dolore della perdita dell'amata, per me è un eroe. In quel momento lui muore dentro. )
PAG.106
Di punto in bianco non mi importò più di essere il Vero Me. Mi sarebbe bastato diventare qualcuno. Meglio se qualcun altro.
Dovevo agire, però.
I mostri del cuore si alimentano con l'inazione. Non sono le sconfitte a ingrandirli, ma le rinunce. 
PAG.163
Gli affetti dell'infanzia si imprimono nel cuore come tatuaggi indelebili. Quando sembrano morti sono solo svenuti. E possono riprendere a vivere senza bisogno di troppe spiegazioni. 
PAG.196
Nel corso degli anni il rifiuto della verità si era esteso a tutto il resto. Aveva aderito ai pensieri come una seconda pelle, diventando il mio modo di abitare la vita senza viverla.
[...]
Molte frasi attribuite ai personaggi storici sono state inventate dai loro biografi. Eppure le citiamo con convinzione. Per rassicurarci nei nostri pregiudizi, leggiamo e ascoltiamo solo chi già la pensa come noi. E ci lasciamo cullare la mente da storie fasulle e versioni tranquillizzanti, interpretando la realtà in forma mitica e i miti in forma letterale.
L'intuizione ci rivela di continuo chi siamo. Ma restiamo insensibili alla voce degli dei, coprendola con il ticchettio dei pensieri e il frastuono delle emozioni. Preferiamo ignorarla, la verità. Per non soffrire. Per non guarire. Perché altrimenti diventeremmo quello che abbiamo paura di essere.
Completamente vivi. 
PAG.197
Intanto pensavo a mio padre. Si era assunto la missione di proteggermi dalla verità. L'uomo delle barzellette aveva inventato la storia più triste del mondo e me l'aveva raccontata tutta la vita. Per la prima volta mi sono tuffato dentro papà. 
PAG.198
Mi aveva voluto bene. Più della mamma. Perchè papà era rimasto. E c'è sempre più amore in chi rimane che in chi se ne va.
Il suo capolavoro era stata la costruzione del mito della mamma scomparsa. Me lo aveva inculcato affiché non la detestassi, a costo che quella donna immaginaria si prendesse tutto l'affetto che avrebbe meritato lui. 




       

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