venerdì 29 dicembre 2017

LO SCHIAVISTA di Paul Beatty


Trama 5/5: "So che detto da un nero è difficile da credere, ma non ho mai rubato niente. Non ho mai evaso le tasse, non ho mai barato a carte. Non sono mai entrato al cinema a scrocco, non ho mai mancato di ridare indietro il resto in eccesso a un cassiere di supermercato". Questo l'inizio della storia di Bonbon. Nato a Dickens - ghetto alla periferia di Los Angeles - il nostro protagonista è rassegnato al destino infame di un nero della lower-middle-class. Cresciuto da un padre single, controverso sociologo, ha trascorso l'infanzia prestandosi come soggetto per una serie di improbabili esperimenti sulla razza: studi pionieristici di portata epocale, che certamente, prima o poi, avrebbero risolto i problemi economici della famiglia. Ma quando il padre viene ucciso dalla polizia in una sparatoria, l'unico suo lascito è il conto del funerale low cost. E le umiliazioni per Bonbon non sono finite: la gentrificazione dilaga, e Dickens, fonte di grande imbarazzo per la California, viene letteralmente cancellata dalle carte geografiche. È troppo: dopo aver arruolato il più famoso residente della città - Hominy Jenkins, celebre protagonista della serie Simpatiche canaglie ormai caduto in disgrazia -, Bonbon dà inizio all'ennesimo esperimento lanciandosi nella più oltraggiosa delle azioni concepibili: ripristinare la schiavitù e la segregazione razziale nel ghetto. Idea grazie alla quale finisce davanti alla Corte Suprema.

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Avevo letto qualche intervista di Beatty, avevo letto anche molte recensioni, e devo dire che mi trovo perfettamente d'accordo con la maggior parte delle opinioni. E' un'ironia molto amara quella che si percepisce in ogni pagina di questo libro. Perchè se è vero da una parte che il miglior modo di trattare un argomento delicato è di buttarla sul ridere, c'è dall'altra parte il rovescio della medaglia, ovvero finite le risate rimane un sorriso ebete e un ghigno che sottintendono che chi ti ha parlato di questo argomento "buttandola sul ridere" ha anche toccato corde che da ridere proprio non fanno. E il razzismo rappresenta in assoluto un argomento drammatico e delicato e purtroppo che non passa mai di moda.
A volte è difficile essere razzisti e altre è difficile non esserlo.
E se in questo libro si ritorna alla segregazione razziale con ironia, basta guardarsi attorno per capire che di ironico non c'è nulla di questi tempi e non serve andare oltre oceano per percepire questa ostilità.
Non voglio espormi con una mia opinione personale, è un argomento delicato e ha molte sfumature, come tutto del resto. Ma spesso è la mancanza di conoscenza e la diffidenza che ci portano ad essere razzisti. Già se si prova a conoscere qualche straniero al lavoro o in condominio è tutto diverso e si possono apprezzare le caratteristiche differenti sia nelle abitudini sia nella cucina per es. Ma forse ciò che spaventa tanto è il numero alto degli sbarchi che non si riescono più a controllare e le notizie false e pilotate che il grande fratello ci propina tutti i giorni per alimentare la nostra ignoranza e la nostra cattiveria... chissà dove ci porterà tutto questo... oibò...

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