mercoledì 26 giugno 2013

L'ARTE DI CORRERE di Haruki Murakami

4/5 Trama:
Lo straordinario autoritratto di uno scrittore-maratoneta
Quando, nel 1981, Murakami chiuse Peter Cat, il jazz bar che aveva gestito nei precedenti sette anni, per dedicarsi solo alla scrittura, ritenne che fosse anche giunto il momento di cambiare radicalmente abitudini di vita: decise di smettere di fumare sessanta sigarette al giorno, e - poiché scrivere è notoriamente un lavoro sedentario e Murakami per natura tenderebbe verso una certa pinguedine - di mettersi a correre. Da allora, di solito scrive quattro ore al mattino, poi il pomeriggio corre dieci o più chilometri. Qualche anno più tardi si recò in Grecia dove per la prima volta percorse tutto il tragitto classico della maratona. L'esperienza lo convinse: da allora ha partecipato a ventiquattro di queste competizioni, ma anche a una ultramaratona e a diverse gare di triathlon. Scritto nell'arco di tre anni, "L'arte di correre" è una riflessione sulle motivazioni che ancora oggi spingono l'ormai sessantenne Murakami a sottoporsi a questa intensa attività fisica che assume il valore di una vera e propria strategia di sopravvivenza. Perché scrivere - sostiene Murakami - è un'attività pericolosa, una perenne lotta con i lati oscuri del proprio essere ed è indispensabile eliminare le tossine che, nell'atto creativo, si determinano nell'animo di uno scrittore. Al tempo stesso, questo insolito libro propone però anche illuminanti squarci sulla corsa in sé, sulle fatiche che essa comporta, sui momenti di debolezza e di esaltazione che chiunque abbia partecipato a una maratona avrà indubbiamente provato. 

La cosa affascinante di questo libro di memorie (come lo stesso Murakami lo ha definito) è che ha parlato per la maggior parte del tempo della corsa, un argomento che sinceramente non mi ha mai attirato.
Ogni primavera dico: "adesso che arriva la bella stagione e le giornate si allungano la sera vado a correre", ci sarò andata effettivamente due volte in vita mia.
Però ho condiviso la sua descrizione di solitudine, di introspezione, di impegno e costanza nel raggiungere l'obiettivo.
Non so bene con quali intenti lui abbia scritto questo libro, dice di aver impiegato molto (circa 10 anni) per pubblicarlo, e non lo vede come una biografia ma come memorie appunto, che testimoniano come lui sia diventato scrittore-maratoneta.
Ad ogni modo vedo questo libro come un libro nel libro, la corsa per quanto reale sia l'ho vista come una metafora di come si può impostare la propria vita, solitudine o gruppo, costanza o meno, insomma un po' di valutazioni che poi ovviamente ognuno di noi fa leggendo il libro e basandosi sulla propria vita, abitudini e carattere.
Per molti aspetti mi sono ritrovata piuttosto simile, per altri effettivamente no, però lui per me resta un grande, ma non solo un grande scrittore, soprattutto un grande uomo, che sa i suoi limiti, ma ha ben in mente dove vuole arrivare. 

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