venerdì 30 agosto 2013

LA MORTE DI IVAN IL'IC di Lev Tolstoj

4/5 Trama: Ivan Il'ic ha una vita soddisfacente, una buona carriera, una vita familiare e sociale apparentemente appagante. Nel nuovo appartamento di Pietroburgo, città in cui si è trasferito dopo una promozione, cade da uno sgabello, sistemando una tenda, e prende un colpo al fianco. Il dolore provocato dalla caduta diventa, nei giorni, sempre più forte e tutte le cure si rivelano inutili. Il pensiero della morte gli fa riconoscere la falsità della sua vita, di chi lo circonda, dei suoi apparenti successi. L'unica persona che gli sa stare vicino è un giovane servo che lo assiste fino alla terribile agonia. Morente, capisce che così libererà, prima che se stesso, gli altri dalla sofferenza e con questo pensiero muore sereno. 

Fate caso ad un fatto: qualsiasi stato d'animo tu abbia in questo momento, entra in libreria, e senza leggere la quarta di copertina prendi tre libri a caso che ti ispirano, per la copertina, per il titolo, per quello che vuoi...
Tutti e tre i libri parleranno di quello che ti tormenta ora, che sia amore, ansia, amicizia, morte, cibo, malattia o quant'altro.
Così è per me in questo momento, la morte mi ha preso una persona importante, anzi fondamentale nella mia vita e inevitabilmente (ma tutto sommato anche senza volontà da parte mia) mi trovo in mano libri che ne parlano.
Questo libro pur essendo un classico parla della morte come epilogo di una percorso di malattia, non è il mio caso...però mi ha aiutato non poco. La malattia è egoisticamente quello che serve a chi rimane per dare un senso alla morte. Chi è malato soffre, soffre talmente tanto che non vede l'ora che finisca visto che non ha speranze. E poi, dopo che la malattia ha debilitato il corpo, comincia a far marcire anche la mente e l'anima. E oltre al dolore fisico cominceranno anche le paranoie mentali, il cambiamento, il vedere tutti come odiose ombre della vita, che non sono state capaci di amare e ora il sentimento prevalente è il fastidio, l'odio profondo.
Per non parlare del vedersi inerme, mentre qualcuno ti pulisce i bisogni che ti sei fatto addosso, o ti imbocca per il pranzo.
Non so voi, ma io credo che morire così sia la cosa più brutta al mondo, e non vorrei, ma soprattutto non sarei capace di volerlo per una persona della famiglia che ho amato oltre il limite.
Quindi caro Tolstoj, non mi hai aiutato a trovare pace, ma in fondo al cuore hai piantato il seme della consapevolezza e della felicità che mi ha permesso di non vederlo soffrire, ma di morire in pace tra le sue amate montagne.
Forse un po' troppo presto per me, che resto con in mano solo sabbia, ma con tanto dentro di quello che lui mi ha insegnato.

Note:
PAG.72
Nel profondo dell'anima Ivan Il'Ic sapeva che stava morendo, ma non solo non si abituava all'idea, semplicemente non la capiva, non riusciva a capirla in alcun modo.
Quell'esempio di sillogismo che aveva appreso nella logica di Krizewerter: CAIO è un uomo, gli uomini sono mortali, quindi Caio è mortale, in tutta la sua vita gli era parso corretto solo in relazione a Caio, ma non rispetto a se stesso. Quello era Caio-Uomo, un uomo in generale, ed era assolutamente giusto; ma lui non era Caio, e non era un uomo in generale, lui era sempre stato una creatura del tutto speciale, distinta da tutte le altre [...] E Caio era precisamente mortale, ed era giusto che morisse ma io, Ivan Il'Ic, con tutti i miei sentimenti, i miei pensieri, per me è tutt'altra faccenda. E non è possibile che io debba morire. Sarebbe troppo terribile.

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