venerdì 30 agosto 2013

RITORNO A POMPEI di Amélie Nothomb

4/5 Trama: Un dialogo serrato e scintillante di ironia fra una scrittrice rompiscatole dioggi e Celsius, abitante del futuro. Un'antiutopia tagliente che prendel'avvio da un evento storico lontano nel tempo, o forse appena avvenuto:l'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., e la conseguente distruzione di Pompei.

Leggendo questo libro, mi sono immaginata di vedere due amici seduti a tavola insieme ad una bella compagnia numerosa.
Ad un certo punto uno dice la parola magica, quella che fa scattare due persone che sullo stesso argomento si trovano su fronti opposti. Ma non è una conversazione politica. Potrei dire che tifano due squadre sportive diverse, o sono appassionati di un personaggio dei fumetti, o un remake di un film se era meglio l'originale o la nuova versione. Cose così insomma.
E loro ne sanno una più del diavolo sull'argomento, e la dialettica non manca di certo.
E tu che sei seduto al loro tavolo e hai mangiato e bevuto con loro, rimani con il bicchiere in mano o la forchetta a mezz'aria, perché sei affascinato dalla loro lotta a parole.
E finisci per non capire nemmeno di cosa stanno parlando, perché il succo non è l'argomento ma loro due che battibeccano.
Lo stesso per questo libro, tu ad un certo punto non capisci più quale sia l'argomento, e non importa nemmeno tanto, perché sei così preso dai due che argomentano a suon di botta e risposta, che alla fine ne vorresti ancora.
Ma solo per loro due!

Note:
PAG.63
- D'altronde, lo ripeto, non ho mai capito come ci si possa innamorare di un essere umano. Che pessimo investimento! Dedicare tanto tempo a un modello così limitato nel Tempo! Trovo aberrante provare amore per una creatura così poco duratura. Tenuta bene, Pomepi può vivere millenni mentre, nella migliore delle ipotesi, l'essere umano non arriva al secolo - e in quale stato di conservazione!
- Ha ragione, è incontestabile. Quello però che sembra non comprendere è che non si sceglie. Non si decide di innamorarsi di un essere umano: ci si innamora di un essere umano. Come lei dice, è un pessimo investimento, ma non dipende dalla nostra buona volontà. 

PAG.87
- Di che sta parlando, allora?
- Delle cose di cui non si parla. Quelle inquietudini, quei dubbi che non possono non assalirla, quelle cose incomprensibili e intraducibili che si percepiscono nei meandri di certi concerti di Bach, che la notte impediscono di dormire, che inducono a pensare che siamo ciechi e sordi...  

PAG.105
- Fin dall'infanzia ho pensato spesso alla fine del mondo, chiedendomi se l'avrei vissura o piuttosto se ne sarei morta. Cercavo di immaginare in cosa sarebbe consistita l'apocalisse; una delle mie ipotesi era che non ci saremmo resi conto di niente, che avremo continuato col nostro piccolo quotidiano senza neanche accorgerci della scomparsa nostra e di quella dell'universo. Sembra che chi subisce un'amputazione conservi la sensazione dell'arto tagliato: il nostro destino pare non essere diverso. Gli arti strappati via siamo lei, io, che non esistiamo, che non siamo mai esistiti, ma che un'articolazione immateriale tiene ancora legati al grande cervello dell'universo. 

PAG.106
[...] Se c'è gente che muore nel sonno, non è verosimile che i dormienti si sveglino dall'altra parte, senza essersi accorti di quanto è successo? Perché dovrebbero credere di essere morti? Se già da vivi gli esseri umani fanno tanta fativa ad ammettere che un giorno moriranno, perché lo dovrebbero trovare più tollerabile dolo il loro decesso? E poi i distratti ci sono sempre stati: sono loro che probabilmente diventano fantasmi. Erano con la testa tra le nuvole al momento del trapasso. Non si sono accorti di niente.   

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