martedì 8 agosto 2017

L'UOMO CHE METTEVA IN ORDINE IL MONDO di Fredrik Backman

Trama 5/5: Ove ha 59 anni. Guida una Saab. La gente lo chiama "un vicino amaro come una medicina" e in effetti lui ce l'ha un po' con tutti nel quartiere: con chi parcheggia l'auto fuori dagli spazi appositi, con chi sbaglia a fare la differenziata, con la tizia che gira con i tacchi alti e un ridicolo cagnolino al guinzaglio, con il gatto spelacchiato che continua a fare la pipì davanti a casa sua. Ogni mattina alle 6.30 Ove si alza e, dopo aver controllato che i termosifoni non stiano sprecando calore, va a fare la sua ispezione poliziesca nel quartiere. Ogni giorno si assicura che le regole siano rispettate. Eppure qualcosa nella sua vita sembra sfuggire all'ordine, non trovare il posto giusto. Il senso del mondo finisce per perdersi in una caotica imprevedibilità. Così Ove decide di farla finita. Ha preparato tutto nei minimi dettagli: ha chiuso l'acqua e la luce, ha pagato le bollette, ha sistemato lo sgabello... Ma... Ma anche in Svezia accadono gli imprevisti che mandano a monte i piani. In questo caso è l'arrivo di una nuova famiglia di vicini che piomba accanto a Ove e subito fa esplodere tutta la sua vita regolata. Tra cassette della posta divelte in retromarce maldestre, bambine che suonano il campanello offrendo piatti di couscous appena fatti, ragazzini che inopportunamente decidono di affezionarsi a lui, Ove deve riconsiderare tutti i suoi progetti. E forse questa vita imperfetta, caotica, ingiusta potrebbe iniziare a sembrargli non così male...

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Quando ho letto le recensioni a questo libro, sembra che tutti lo abbiamo giudicato un libro "ironico, divertente, che ti fa morire dal ridere".
Con questa premessa ho iniziato a leggerlo perché qualcosa di ironico e che fa ridere ci sta sempre bene, e poi perché mi aveva già fatto sorridere il titolo e mi sono un po' rivista, io che ho sempre adorato "mettere in ordine" e che mi piacerebbe un sacco sapere che anche nel quartiere o anche semplicemente in condominio, tutte le regole siano rispettate e tutto sia in perfetto ordine.
Però durante la lettura ho atteso le pagine in cui l'ironia pungente mi avrebbe fatto morire dal ridere e non sono mai arrivate quelle pagine.
Anzi vi dirò di più, questo libro fa sorridere, con tenerezza, ma in fondo è un libro tanto tanto triste.
Il protagonista perde la sua compagnia di vita, l'unica che lo capiva, l'unica che lo accettava con i suoi pregi e soprattutto con i suoi difetti e li prendeva alla leggera. Rimasto solo non c'è una pagina in cui non pensi al suicidio per raggiungere l'amata moglie, solo che nel quartiere non rispettano le regole e lui ci tiene molto e così perde un sacco di tempo, fintanto che si rende conto che la vita può andare avanti per lui, perché deve continuare a controllare che tutto sia in ordine.
E nel suo modo burbero e rustico, si vede sempre che ha un cuore grande.
Quindi no, non aspettatevi l'ironia che vi hanno annunciato, leggete fra le righe e se per tre quarti del libro non siete ancora convinti, gli ultimi due capitoli valgono tutto il libro intero.

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PAG.44
Ove intuiva chiaramente che gli amici di sua moglie non si capacitavano del fatto che ogni mattina lei si svegliasse e decidesse volontariamente di trascorrere la giornata insieme a lui. Nemmeno lui se ne capacitava. Ove le aveva costruito una libreria, che lei aveva riempito di romanzi: pagine e pagine di emozioni. Ove s'intendeva di ciò che poteva vedere e toccare. Calcestruzzo e cemento. Vetro e acciaio. Attrezzi. Cose che si potevano calcolare. (...) Era un uomo in bianco e nero.
E lei era il colore. Tutto il suo colore.

PAG.50
Se Ove fosse stato il tipo di uomo che riflette su come e quando si diventa quel che si è, forse avrebbe indicato in quell'episodio il momento in cui aveva imparato che ciò che è giusto è giusto. Dato che, però, non gli piaceva invischiarsi in certi ragionamenti, per lui quello era semplicemente stato il giorno in cui aveva deciso di essere il meno possibile diverso da suo padre.

PAG.261
Gli uomini come Ove e Rune appartenevano a una generazione nella quale si era ciò che si faceva, non ciò che si diceva.

PAG.289
"Amare una persona è come traslocare in una casa nuova" diceva sempre Sonja. "All'inizio ci si innamora senza riserve: ogni mattina ci si stupisce del fatto che tutto ci appartenga, come se si temesse che, all'improvviso, qualcuno possa irrompere dalla porta annunciando che si è verificato un grave errore e che non era previsto che si abitasse in un luogo così bello. Con il passare degli anni, però, le facciate si consumano, il legno si scheggia qua e là. Non si è più sopraffatti dallo stupore ogni mattina, e si comincia ad amare la casa non tanto per quel che è perfetto, quanto per quel che non lo è. S'impara a conoscerne ogni angolo e centimetro (...). Tutti quei piccoli segreti che rendono la casa nostra, e di nessun altro."

PAG.308
La morte è una cosa curiosa. Viviamo tutta la vita come se non esistesse, ma il più delle volte è una delle ragioni in assoluto più importanti per vivere. Alcuni di noi ne diventano consapevoli così in fretta che vivono più intensamente, più ostinatamente, e in maniera più furiosa. Altri necessitano della sua costante presenza per sentirsi vivi. Altri ancora finiscono per accomodarsi nella sua sala d'attesa molto tempo prima che lei abbia annunciato il suo arrivo. La temiamo, eppure la gran parte di noi teme soprattutto l'eventualità che colpisca qualcun altro, qualcuno a cui vogliamo bene. Perché la più grande paura legata alla morte è che ci passi accanto. Che ci prenda chi amiamo. E che ci lasci soli.

PAG.309
Quando non si ha più molto tempo davanti a sé, bisogna trovare altre cose per cui vivere. I ricordi, magari. I pomeriggi al sole mano nella mano con chi si ama. Il profumo delle aiuole fiorite. Le domeniche al bar. I nipoti, forse: con loro, c'è modo di vivere per il futuro di qualcun altro.

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