venerdì 29 dicembre 2017

YERULDELGGER - MORTE NELLA STEPPA di Ian Manook


Trama 4/5: Non comincia bene la giornata di un commissario mongolo se, alle prime luci dell'alba, in una fabbrica alla periferia della città, si ritrova davanti i cadaveri di tre cinesi, per di più con i macabri segni di un inequivocabile rito sessuale. E la situazione può solo complicarsi quando, poche ore dopo, nel bel mezzo della steppa, è costretto a esaminare una scena perfino più crudele: i resti di una bambina seppellita con il suo triciclo. Quello che però il duro, rude, cinico ma anche romantico commissario Yeruldelgger non sa è che per lui il peggio deve ancora arrivare. A intralciare la sua strada, e a minacciare la sua stessa vita, politici e potenti locali, magnati stranieri in cerca di investimenti e divertimenti illeciti, poliziotti corrotti e delinquenti neonazisti, per contrastare i quali dovrà attingere alle più moderne tecniche investigative e, insieme, alla saggezza dei monaci guerrieri discendenti di Gengis Khan. Sullo sfondo, una Mongolia suggestiva e misteriosa: dalla sconfinata Ulan Bator alle steppe abitate dagli antichi popoli nomadi, un coacervo di contraddizioni in bilico fra un'antichissima cultura tradizionale e le nuove, irrefrenabili esigenze della modernità. Yeruldelgger dovrà compiere un viaggio fino alle radici di entrambe, se vorrà trovare una soluzione per i delitti, e anche per se stesso. Un thriller classico, a tinte forti, con un'ambientazione unica, in cui pagina dopo pagina si susseguono le scene ad alta tensione e ogni calo di emotività è bandito.
[Volume 1]

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Ero stata attratta dalla copertina a dire il vero, lo avevo intravisto e mi ero tenuta a mente il nome, fatto qualche ricerca e il momento richiedeva un libro non proprio leggero ma di genere diverso, un buon vecchio thriller come ne leggevo anni fa.
Quindi sono tornata alla carica e ho deciso di affrontare il primo libro della trilogia.
Non sto nemmeno a dare qualche anticipo sulla storia, è un giallo, leggetelo. Ma il bello del libro è l'ambientazione, lo stile. Prima di tutto perché è ambientato in Mongolia e già questo è un aspetto molto singolare, non mi era mai capitato tra le mani un libro della Mongolia e soprattutto non so nulla di questo paese, misterioso e affascinante ma sconosciuto. Poi appena inizia la lettura capisci che è diverso. Mi spiego meglio: non so se capita anche a voi quando leggete un libro diverso dai soliti americani, capita anche quando si guarda una serie tv o un film, già dalle prime scene come dalle prime righe ti accorgi che è diverso, non è americano. Io non denigro gli ambienti diversi, è che te ne accorgi subito. Quando ho iniziato questo libro pensavo fosse stato scritto da un americano, perché era americano tutto, tranne il paese. Invece non è scritto da un americano, ma non ne senti la differenza. Badate bene, non è una critica anzi, perché a volte i thriller di altre nazionalità sono un po' fiacchetti, o si annunciano come noir che per me non riescono bene nell'intento, mentre un americano non ti delude mai, anche se la storia non piace, lo stile è una certezza. Quindi già la Mongolia è un terreno inesplorato nei thriller, chissà cosa mi aspettassi, mentre trovare una certezza mi ha fatto immergere interamente nella lettura e apprezzarne di conseguenza anche tutte le diversità dovute alla cultura. I nomi impronunciabili, la steppa, l'abitazione tipica Yurta, le tradizioni sciamaniche, insomma mi è piaciuto proprio tanto. E se qualcosa può sembrare inverosimile, beh il l'ho letta con gli occhi di chi è rimasta affascinata dalla potete magia degli sciamani, dalle tradizioni verso gli antenati che a noi non appartengono o abbiamo perso, quindi come fa Yeruldelgger quando entra nella Yurta, ho rispettato certe cose a me lontane, mi sono adeguata alla situazione e sono andata avanti ma con discrezione. E forse è l'unica cosa da fare in un terreno inesplorato come questo.

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