3/5 Trama: "Fu come usare una mossa segreta, tirar fuori un'abilità nascosta,
un atout, la carta che il giocatore tiene all'ultimo e poi butta, con
fierezza, sul tavolo vincendo tutte le puntate. Sornione, lui sa e gli
altri no, lui pregusta quella mossa, il mondo ancora ignaro della
catastrofe imminente."
Barbara Lope è una donna nel pieno della
vita, ha un'attraente frangetta bionda, vestiti eleganti, un bel lavoro.
Eppure ogni tanto sente come un peso, un fastidio acuto: a scuola era
il compagno presuntuoso, al lavoro la collega arrivista, e poi le scarpe
con il tacco a spillo, le serate mondane, i discorsi ufficiali, le
cerimonie, i matrimoni... E quando le situazioni si fanno
insopportabili, quando le sembra che le persone e i luoghi abbiano perso
il senso di quello che sono realmente (se mai l'hanno posseduto), in
Barbara scatta qualcosa, un piccolo movimento, un gesto minimo, di
insofferenza... Sfrontato ? Scherzoso ? Provocatorio ? Non si può dire.
Di certo si tratta di un impulso irresistibile, e Barbara non può
trattenerlo. E' il suo modo di reagire alle assurdità, alle distorsioni.
Forse il desiderio di trovare qualcuno che le somigli. Insomma fa quel
gesto, e d'improvviso ciò che appariva così serio e importante perde
consistenza, diventa aria, si dissolve.
Note:
PAG.25
Non sempre abbiamo la lucidità di fare la
cosa giusta con le persone giuste, e così ci capita a volte di fare la
cosa giusta con le persone sbagliate, o la cosa sbagliata con le persone
giuste. Ci confondiamo. E causiamo sconquassi nell'universo
circostante, a volte davvero minimi, come quando mettiamo un paio di
calzini nel cassetto delle posate; a volte invece più corposi, come
quando per esempio ci scappano dette, ahimé, alcune verità indicibili:
insomma, sconquassi per i quali poi siamo costretti a passare mesi a
chiedere scusa e a rimangiare parole per cercar di rimettere almeno un
po', le cose quiete, com'erano.
PAG.33
... guardava fuori dal finestrino
sfrecciare i pali della luce alternati agli alberi. Alberi e pali, e noi
veloci come razzi. Così è la vita, lei lo sapeva. E lasciava fare. Che
le passasse pure davanti la sua collega rossa. Scalpitava, si vedeva che
la vita le andava stretta. Non guardava mai dal finestrino, si perdeva
tutto, i campi, le vacche al sole, i casolari imbiancati, le nuvole che
disegnano animali o mostri o il volto di qualcuno caro che non c'è più.
Peccato. La vita è sua. Ognuno scelga come preferisce che sia. Si tratta
solo di scelte. Come per i portachiavi.
PAG.38
Lei era una ragazza di città, le piacevano
i tram che le sferragliavano sotto casa, i negozi, le luci dei
lampioni, l'andirivieni della gente frettolosa per le strade, i clacson,
le pozzanghere, l'odore di smog. Odiava la campagna e tutto quel verde.
Troppo verde, troppi alberi, troppe foglie, che d'estate ingigantivano
prendendosi ogni volta un pezzo di cielo in più; troppa erba che con i
temporali continuava a crescere e disordinava la linea dell'orizzonte.
PAG.54
Se ci soffermiamo a guardare, infatti,
notiamo come tutto - il profilo di una casa, il lato della tovaglia che
batte sulla gamba del tavolo, il mancorrente della scala a chiocciola,
il filo della luce - tutto è una moltitudine di linee. Linee che si
ricnorrono, si attraversano, s'intrecciano. E notiamo come sia difficile
incontrare linee che a un certo punto non si spezzino. Forse è un
intrico di linee spezzate, il mondo.
PAG.69
Di lì a poco verrà notte, e il buio
coprirà tutto, vanificherà qualsiasi cosa, giusta o sbagliata non
importa, anche i gesti che uno non dovrebbe fare e invece fa, chissà
perchè, in un momento senza pensarci, senza essere dentro a quel che sta
facendo. Come una corda che ci hanno detto di tenere, e noi teniamo, ma
poi ci interroghiamo: perché mai?, e cosa ne sarebbe se smettessimo di
tenerla? Niente. E allora la molliamo, godendoci quell'attimo in cui
lasciamo andare, i muscoli si stendono e se ne vanno altrove, in un
posto che non abbiamo idea esista. E ci sembra d'improvviso che si
sparga una risata intorno a noi, dirompa gigantesca e ci avvolga,
proteggendoci alla vista degli altri mentre scappiamo via saltando da un
cubetto all'altro del porfido, e ci prende a quei saltelli un'allegria
così potente, che ci mettiamo a fare il gioco dei cantoni, sparendo e
ricomparendo dietro le colonne, come se qualcuno ci volesse prendere.
Nessun commento:
Posta un commento