5/5 Trama: Pechino, anni Settanta. Fra i figli dei diplomatici stranieri che
vivonoconfinati nel ghetto di San Li Tun scoppia un tremendo "conflitto
mondiale"della durata di tre lunghi anni. Questo romanzo è la storia di
una guerraspietata, condotta con la crudeltà che solo i bambini sono
capaci dimanifestare, con inseguimenti, scontri, catture e torture
inenarrabili quantoindecenti. Ma la perfidia dell'infanzia e la Cina
della Banda dei Quattro sonosolo lo sfondo sul quale si muove lo sguardo
disincantato e irriverente dellapiccola protagonista, persa - con i
suoi sette anni e la sua bicicletta -dietro la scoperta di sentimenti
eterni come l'amicizia, l'odio,l'incomprensibile infelicità del primo,
perturbante amore. [2° volume - biografia Nothomb]
Secondo libro autobiografico della Nothomb, e come al solito un capolavoro.
La sua scrittura e i temi esposti sono a dir poco illuminanti, fonte di grande argomentazione, e al sua maestria non ha pari.
Ok sono di parte, la adoro e non posso trovare difetti :-)
La sua scrittura e i temi esposti sono a dir poco illuminanti, fonte di grande argomentazione, e al sua maestria non ha pari.
Ok sono di parte, la adoro e non posso trovare difetti :-)
[La
scoperta di una città, Pechino, e di un mondo, la Cina, da parte di una
bimba. E nello stesso tempo la scoperta di sentimenti essenziali come
l'odio, l'astuzia, l'eroismo, l'amore, l'indifferenza. Giunta a Pechino
con il padre diplimatico la piccola protagonista viene coinvolta in una
'guerra per bande' fra bambini di differenti nazioni. L'intuizione di
come il nemico sia indispensabile nei rapporti umani è raccontata
dall'autrice con la crudeltà e la grazia di sempre.]
Note:
PAG.16
A questo mondo nessuno è indispensabile, tranne il nemico.
Senza nemico l'essere umano è poca cosa. La sua vita è un tormento, un'oppressione di vuoto e di noia.
Il nemico è il Messia.
La sua semplice esistenza basta a dinamizzare l'essere umano.
Grazie al nemico la vita, questo sinistro accidente, si trasforma in epopea.
Così, Cristo aveva ragione a dire "Amate i vostri nemici." Ma ne ricavava corollari aberranti: che bisognava riconciliarsi con il proprio nemico, tendere l'altra guancia ecc...
Che idea! Se uno si riconcilia con il nemico, quello non è più il nemico.
E se non c'è più un nemico, bisogna trovarsene un altro: si deve ricominciare tutto da capo. Il che dimostra che così non si va da nessuna parte.
Perciò bisogna amare il proprio nemico senza dirglielo. In nessun caso bisogna pensare a riconciliarsi.
L'armistizio è un lusso che l'essere umano non si può permettere.
La prova è che i periodi di pace finiscono sempre con nuove guerre.
Mentre le guerre si chiudono generalmente con periodi di pace.
Il che dimostra che all'uomo la pace è nociva, mentre la guerra gli fa bene.
I pochi fastidi della guerra vanno dunque presi con filosofia.
PAG.37
Non avevo mai avuto amici o amiche.
Non mi era neanche venuto in mente.
A che mi sarebbero serviti?
Ero deliziata dalla mia compagnia.
PAG.52
Il dolore ti sferzava il volto: visione che mi spezzava il cuore e che faceva sì che ti amassi ancora di più.
Sì, mia amata, tu soffri per causa mia, non che io ami la sofferenza, se ti potessi dare la felicità sarebbe meglio ma ho capito che non è possibile, perchè io sia in grado di renderti felice tu prima mi dovresti amare, e tu non mi ami, mentre per renderti infelice non è necessario che tu mi ami, e poi per renderti felice dovresti prima essere infelice - come si fa a rendere felice uno che è felice - quindi ti devo rendere infelice per avere un'occasione poi di renderti felice, in ogni caso l'essenziale è che sia per causa mia, mia amata, se tu potessi provare per me un decimo di quello che io provo per te saresti felice di soffrire, all'idea del piacere mi dai soffrendo.
Il piacere mi mandava in estasi. [sottile arte della felicità soffrendo]
PAG.69
Passavano dall'inutilità dell'infanzia all'utilità primordiale delle donne, mentre i ridicoli rimanevano inutili tutta la vita.
PAG.97
La neve era la sola cosa che riuscisse a nascondere la bruttezza di Pechino. E ci riusciva durante le prime dieci ore di vita. Il cemento cinese, il più orribile cemento del mondo, spariva sotto un biancore che confondeva. Confondeva nelle due accezioni del termine, perchè confondeva anche il cielo e la terra: per effetto di quel bianco immacolato, era possibile immaginare che infiniti frammenti di nulla avessero invaso pezzi della città - e a Pechino il nulla, lungi dall'essere un peggioramento, sembrava piuttosto una redenzione.
...
Dieci ore dopo, il contagio si invertiva.
Il cemento stingeva la neve e la bruttezza stingeva la bellezza.
PAG.103
...si facevano sempre più insistenti, sempre più strazianti, poichè meno un volto è fatto per la dolcezza, più la sua dolcezza riuscirà a confondere - e la dolcezza dei suoi occhi sagittari e la dolcezza della sua bocca pestifera mi lasciavano congestionata. Tutt'a un tratto sentii il bisogno di chiudermi ulteriormente in me stessa, e diventai glaciale e affilata come la grandine - e lo sguardo della bella si fece vellutato di tenerezza amorosa.
Era insostenibile. [la teoria dell'effetto contrario]
PAG.104
La neve, acqua esplosa, sabbia di ghiaccio, sale non della terra ma del cielo, sale non salato, dal sapore di silice, dalla grana di gemma tritata, dal profumo di freddo, pigmento del bianco, solo colore che cade dalle nuvole.
La neve che ammortizza tutto - i rumori, le cadute, il tempo - per meglio esaltare le cose eterne e immutabili, come il sangue, la luce, le illusioni.
PAG.117
Non so se possedeva la capacità di piangere a comando. In ogni caso le sue lacrime erano molto convincenti.
Piangeva con arte consumata: appena un po', in modo che non fosse antiestetico, e con gli occhi bene aperti, in modo da non occultare il suo sguardo magnifico e da mettere in evidenza la lenta genesi di ogni singola lacrima.
Non si muoveva, voleva che io assistessi a tutto quanto lo spettacolo. Il suo volto era di un'immobilità assoluta: non batteva nemmeno le palpebre, come se avesse sgomberato la scena di tutti gli arredi e alleggerito l'azione delle sue peripezie per far maglio risaltare il prodigio.
PAG.119
Gli errori sono come l'alcol: ci si rende conto subito di aver ecceduto, ma piuttosto che avere l'accortezza di smettere per limitare i danni, una sorta di rabbia la cui origine è estranea all'ubriachezza obbliga a continuare. Questo furore, per quanto strano possa sembrare, potrebbe definirsi orgoglio: orgoglio di reclamare che, contro ogni logica, si aveva ragione a bare e a sbagliarsi. Persistere nell'errore o nell'alcol acquista allora il valore di argomento, di sfida alla logica: se mi ostino, vuol dire che ho ragione, checchè se ne possa pensare. E mi ostinerò fino a che gli elementi non mi daranno ragione: diventerò alcolizzata, prenderò la tessera del partito del mio errore, nell'attesa di scivolare sotto il tavolo o di essere ignorata da tutti, con la vaga speranza aggressiva di far ridere il mondo intero, convinta che fra dieci anni, dieci secoli, il tempo, la Storia o la Leggenda finiranno per darmi ragione, il che del resto non avrà più alcun senso, visto che il tempo riscatta tutto, visto che ogni errore e ogni difetto ha il suo momento d'oro, visto che sbagliare è comunque sempre una questione di epoca.
Note:
PAG.16
A questo mondo nessuno è indispensabile, tranne il nemico.
Senza nemico l'essere umano è poca cosa. La sua vita è un tormento, un'oppressione di vuoto e di noia.
Il nemico è il Messia.
La sua semplice esistenza basta a dinamizzare l'essere umano.
Grazie al nemico la vita, questo sinistro accidente, si trasforma in epopea.
Così, Cristo aveva ragione a dire "Amate i vostri nemici." Ma ne ricavava corollari aberranti: che bisognava riconciliarsi con il proprio nemico, tendere l'altra guancia ecc...
Che idea! Se uno si riconcilia con il nemico, quello non è più il nemico.
E se non c'è più un nemico, bisogna trovarsene un altro: si deve ricominciare tutto da capo. Il che dimostra che così non si va da nessuna parte.
Perciò bisogna amare il proprio nemico senza dirglielo. In nessun caso bisogna pensare a riconciliarsi.
L'armistizio è un lusso che l'essere umano non si può permettere.
La prova è che i periodi di pace finiscono sempre con nuove guerre.
Mentre le guerre si chiudono generalmente con periodi di pace.
Il che dimostra che all'uomo la pace è nociva, mentre la guerra gli fa bene.
I pochi fastidi della guerra vanno dunque presi con filosofia.
PAG.37
Non avevo mai avuto amici o amiche.
Non mi era neanche venuto in mente.
A che mi sarebbero serviti?
Ero deliziata dalla mia compagnia.
PAG.52
Il dolore ti sferzava il volto: visione che mi spezzava il cuore e che faceva sì che ti amassi ancora di più.
Sì, mia amata, tu soffri per causa mia, non che io ami la sofferenza, se ti potessi dare la felicità sarebbe meglio ma ho capito che non è possibile, perchè io sia in grado di renderti felice tu prima mi dovresti amare, e tu non mi ami, mentre per renderti infelice non è necessario che tu mi ami, e poi per renderti felice dovresti prima essere infelice - come si fa a rendere felice uno che è felice - quindi ti devo rendere infelice per avere un'occasione poi di renderti felice, in ogni caso l'essenziale è che sia per causa mia, mia amata, se tu potessi provare per me un decimo di quello che io provo per te saresti felice di soffrire, all'idea del piacere mi dai soffrendo.
Il piacere mi mandava in estasi. [sottile arte della felicità soffrendo]
PAG.69
Passavano dall'inutilità dell'infanzia all'utilità primordiale delle donne, mentre i ridicoli rimanevano inutili tutta la vita.
PAG.97
La neve era la sola cosa che riuscisse a nascondere la bruttezza di Pechino. E ci riusciva durante le prime dieci ore di vita. Il cemento cinese, il più orribile cemento del mondo, spariva sotto un biancore che confondeva. Confondeva nelle due accezioni del termine, perchè confondeva anche il cielo e la terra: per effetto di quel bianco immacolato, era possibile immaginare che infiniti frammenti di nulla avessero invaso pezzi della città - e a Pechino il nulla, lungi dall'essere un peggioramento, sembrava piuttosto una redenzione.
...
Dieci ore dopo, il contagio si invertiva.
Il cemento stingeva la neve e la bruttezza stingeva la bellezza.
PAG.103
...si facevano sempre più insistenti, sempre più strazianti, poichè meno un volto è fatto per la dolcezza, più la sua dolcezza riuscirà a confondere - e la dolcezza dei suoi occhi sagittari e la dolcezza della sua bocca pestifera mi lasciavano congestionata. Tutt'a un tratto sentii il bisogno di chiudermi ulteriormente in me stessa, e diventai glaciale e affilata come la grandine - e lo sguardo della bella si fece vellutato di tenerezza amorosa.
Era insostenibile. [la teoria dell'effetto contrario]
PAG.104
La neve, acqua esplosa, sabbia di ghiaccio, sale non della terra ma del cielo, sale non salato, dal sapore di silice, dalla grana di gemma tritata, dal profumo di freddo, pigmento del bianco, solo colore che cade dalle nuvole.
La neve che ammortizza tutto - i rumori, le cadute, il tempo - per meglio esaltare le cose eterne e immutabili, come il sangue, la luce, le illusioni.
PAG.117
Non so se possedeva la capacità di piangere a comando. In ogni caso le sue lacrime erano molto convincenti.
Piangeva con arte consumata: appena un po', in modo che non fosse antiestetico, e con gli occhi bene aperti, in modo da non occultare il suo sguardo magnifico e da mettere in evidenza la lenta genesi di ogni singola lacrima.
Non si muoveva, voleva che io assistessi a tutto quanto lo spettacolo. Il suo volto era di un'immobilità assoluta: non batteva nemmeno le palpebre, come se avesse sgomberato la scena di tutti gli arredi e alleggerito l'azione delle sue peripezie per far maglio risaltare il prodigio.
PAG.119
Gli errori sono come l'alcol: ci si rende conto subito di aver ecceduto, ma piuttosto che avere l'accortezza di smettere per limitare i danni, una sorta di rabbia la cui origine è estranea all'ubriachezza obbliga a continuare. Questo furore, per quanto strano possa sembrare, potrebbe definirsi orgoglio: orgoglio di reclamare che, contro ogni logica, si aveva ragione a bare e a sbagliarsi. Persistere nell'errore o nell'alcol acquista allora il valore di argomento, di sfida alla logica: se mi ostino, vuol dire che ho ragione, checchè se ne possa pensare. E mi ostinerò fino a che gli elementi non mi daranno ragione: diventerò alcolizzata, prenderò la tessera del partito del mio errore, nell'attesa di scivolare sotto il tavolo o di essere ignorata da tutti, con la vaga speranza aggressiva di far ridere il mondo intero, convinta che fra dieci anni, dieci secoli, il tempo, la Storia o la Leggenda finiranno per darmi ragione, il che del resto non avrà più alcun senso, visto che il tempo riscatta tutto, visto che ogni errore e ogni difetto ha il suo momento d'oro, visto che sbagliare è comunque sempre una questione di epoca.
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