4/5 Trama: Londra 1958. Una serie di misteriosi suicidi preludono alla riapertura
di un caso risolto forse solo in apparenza, denso di preoccupanti e
inaspettati sviluppi. La scomparsa dalla tomba di una marchesa caduta in
disgrazia, da poco defunta fra le mura di un appartamento londinese -
donna dall'indiscutibile fascino, musa ispiratrice di D'Annunzio,
appassionata di occultismo e interprete dei brillanti riti della belle
époque -muove i protagonisti, in una corsa contro il tempo, alla ricerca
del suo calco di cera da cui ella avrebbe potuto riattingere vita. Dopo
un incontro a Venezia con Peggy Guggenheim, i nostri eroi si vedranno
costretti a recarsi a Berlino, in una città che mostra ancora le ferite
della guerra e dove sopravvivono gli ultimi scampoli di quelle società
segrete che furono legate ai presupposti oscuri e alle origini magiche
del nazismo. Non solo, quindi, un semplice romanzo di genere, ma un
racconto che coniuga atmosfere noir e sfondi storici, personaggi reali e
derive fantastiche. Concepito quale omaggio al “Morso sul collo” di
Simon Raven, “La figura di cera” è in realtà una sorta di obolo
sentimentale che l'autore versa nei confronti dell'horror classico, che
riaffiora timidamente non tanto e non solo in chiave letteraria: dai
film della Universal a quelli della Hammer, da Vincent Price e Lon
Chaney junior a Basil Rathbone e Nigel Bruce, indimenticati interpreti
della coppia Holmes- Watson.
[Note]
PAG.91
"Il tempo cambia le carte sul tavolo senza che ce ne accorgiamo. Restano i ricordi..."
"A meno che non si disperdano o si confondano, senza più avere un ordine. L'ora della morte è solo una convenzione, una sciocchezza. Si muore quando capisci che non c'è più tempo per cambiare. C'è un istante preciso in cui si invecchia..."
"Un uomo è ciò che è stato, ma non c'è una sola strada per giungere alla verità della vita!"
"A meno che non si disperdano o si confondano, senza più avere un ordine. L'ora della morte è solo una convenzione, una sciocchezza. Si muore quando capisci che non c'è più tempo per cambiare. C'è un istante preciso in cui si invecchia..."
"Un uomo è ciò che è stato, ma non c'è una sola strada per giungere alla verità della vita!"
PAG.135
Domande sciocche forse, che, a seconda del
momento in cui vengono formulate o dello stato d'animo, possono
apparire profonde o inutili, decisive o capziose.
Se i morti possono tornare indietro, richiamati dal nostro dolore o dalle nostre preghiere, fino a una linea di confine, ma senza poterla oltrepassare, senza poter comunicare con noi se non attraverso l'incerta sintassi dei sogni.
Se davvero riescano ad approssimarsi fino a un margine invisibile, come quando alzi gli occhi e ti sembra, sul principio dell'inverno, di scorgere la linea che si staglia al di sopra dei tetti e che galleggia oltre gli alberi, fra spirali di nuvole.
Sono loro che vengono da chissà quale profondità, o è il nostro desiderio a spingerli, la nostra paura a guidarli verso una riva, rivestiti d'ombra? Sono i morti a spostare gli oggetti che spariscono o a nascondere i libri smarriti, ansiosi di manifestarsi in un interminato susseguirsi di giorni e di stagioni che scolorano?
Da tempo ero persuaso, che esistesse una città di defunti, confusa con quella dei vivi, dove in un tempo illusorio che si sbriciola, rimangono solo la fretta e l'ansia, lo stupore e il rimorso.
Nulla come le statue di cera, fissate nelle loro pose tremolanti, chiuse in un cono di luce e di pulviscolo che spiove, sembravano suggerire un'annunciazione interrotta, un precipitare di giorni senza tempo scanditi da lancette che si inceppano.
Eravamo prossimi, ormai, a cogliere quel limite segreto dell'eterno che avevamo intravisto raccolto fra le lapidi di un cimitero, dentro una bara vuota, dove, fra stoffe logore e sentore di legno marcio, avevamo avvertito, fin dal primo istante, levarsi con certezza il presagio del male.
Se i morti possono tornare indietro, richiamati dal nostro dolore o dalle nostre preghiere, fino a una linea di confine, ma senza poterla oltrepassare, senza poter comunicare con noi se non attraverso l'incerta sintassi dei sogni.
Se davvero riescano ad approssimarsi fino a un margine invisibile, come quando alzi gli occhi e ti sembra, sul principio dell'inverno, di scorgere la linea che si staglia al di sopra dei tetti e che galleggia oltre gli alberi, fra spirali di nuvole.
Sono loro che vengono da chissà quale profondità, o è il nostro desiderio a spingerli, la nostra paura a guidarli verso una riva, rivestiti d'ombra? Sono i morti a spostare gli oggetti che spariscono o a nascondere i libri smarriti, ansiosi di manifestarsi in un interminato susseguirsi di giorni e di stagioni che scolorano?
Da tempo ero persuaso, che esistesse una città di defunti, confusa con quella dei vivi, dove in un tempo illusorio che si sbriciola, rimangono solo la fretta e l'ansia, lo stupore e il rimorso.
Nulla come le statue di cera, fissate nelle loro pose tremolanti, chiuse in un cono di luce e di pulviscolo che spiove, sembravano suggerire un'annunciazione interrotta, un precipitare di giorni senza tempo scanditi da lancette che si inceppano.
Eravamo prossimi, ormai, a cogliere quel limite segreto dell'eterno che avevamo intravisto raccolto fra le lapidi di un cimitero, dentro una bara vuota, dove, fra stoffe logore e sentore di legno marcio, avevamo avvertito, fin dal primo istante, levarsi con certezza il presagio del male.
PAG.147
Temevo si trattasse di un addio, ma non
osai manifestargli i miei timori e, quando lo vidi allontanars col capo
leggermente reclinato e confondersi tra la folla dell'ora di punta
pomeridiana, provai una stretta al cuore.
Non c'è errore più comune e sciocco, per quel che concerne le vicende umane, della presunzione di credere che abbiamo dinanzi a noi un tempo illimitato e che, se una brocca cade e si rompe, avremo modo di rimettere insieme i cocci e ripararla. La vita ti volta le spalle all'improvviso, senza avvertire, e non resta poi che infilare i ricordi come perle in una collana.
Non c'è errore più comune e sciocco, per quel che concerne le vicende umane, della presunzione di credere che abbiamo dinanzi a noi un tempo illimitato e che, se una brocca cade e si rompe, avremo modo di rimettere insieme i cocci e ripararla. La vita ti volta le spalle all'improvviso, senza avvertire, e non resta poi che infilare i ricordi come perle in una collana.
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