mercoledì 26 giugno 2013

SHIBUMI Il ritorno delle gru - L'etica dell'assassino perfetto di Trevanian

5/5 Trama: Nell'antichissimo gioco giapponese del Gô, l'immagine delle gru che fanno ritorno alloro nido e vi si rifugiano simboleggia il ritiro dalla lotta di uno dei contendenti. Nicholai Hel - il protagonista di questo romanzo - lo sa molto bene. Ultimo discendente di una nobile famiglia russa emigrata a Shangai, adottato da un nobile guerriero giapponese e educato agli ideali orientali, Nicholai si oppone ai valori occidentali - il denaro, l'interesse, il successo - dilaganti dopo la fine della guerra. Esercita la sua forza interiore, mirando all'equilibrio che porta all'azione irripetibile. Sfruttando le sue doti quasi mistiche e la sua tecnica micidiale di combattimento, diventa una pedina decisiva, ma invisibile, al di sopra del gioco nel quale è coinvolto. Hel è infatti capace del "nudo uccidere", un sistema che permette di utilizzare i comuni oggetti di uso quotidiano come armi mortali.

Ho avvicinato questo libri su consiglio di un caro amico, condividiamo parecchio in fatto di libri, e non mi sono soffermata a leggerne la quarta di copertina o recensioni su internet. L'ho preso in fiducia.
Shibumi mi evocava un samurai giapponese, chissà perchè.
Al momento di iniziare la lettura mi accorgo che non è un samurai :)
Nicholai Hel è di madre certa russa, e di padre un po' meno certo giapponese. Taciturno e riflessivo, intelligente e portato per le lingue, cresce imparando molti idiomi, viene preso sotto l'ala protettrice del generale Kishikaea, e portato da Otake il maestro di Gò.
Il Gò (visto che siamo in tema di giochi) è un'antichissimo gioco, una sorta di scacchi (come tecnica, non come pezzi e scacchiera) e l'immagine delle gru che fanno ritorno al loro nido e vi si rifugiano simboleggia il ritiro dalla lotta di uno dei contendenti.
Il Gò insegna a Nicholai la vita, come sopportare le ingiustizie e le torture e poi lo Shibumi, una parola giapponese che non possiede una traduzione nella nostra lingua. Riguarda il senso estetico e allude ad una grande raffinatezza sotto apparenze comuni.
Quindi lui di fatto tende a diventare Shibumi, una persona che passa inosservata, un giustiziere non nel senso americano, ma che uccide in modo silenzioso e quasi gentile. Temuto dai governi, rispettato per il suo modo di operare, finalmente si ritira in pensione.
Fino a metà libro abbiamo la presentazione della tragedia che apre la storia che si intreccia con il passato del protagonista.
Si matura insieme a Nicholai.
Poi c'è lo stallo, una sorta di parentesi (piuttosto lunga e noiosa) che spiega come Nikko ora si diverta con l'amico La Cagot nella speleologia.
Il fatto è che di speleologia non mi intendo e non mi interessa, quindi risulta veramente difficile procedere nella lettura, con il senno di poi, visto che non succede nulla di che, vi consiglio di saltare il capitolo. Ma non abbandonate il libro.
Verso la fine il ritmo torna incalzante, e ovviamente non vi dirò come finisce però.... però immaginate non un Mac Giver che con spago e banana fa una bomba, ma un giustiziere a modo, un gentil'uomo, il classico orientale, che parla poco, riservato e riflessivo. In ogni pagina lo sfondo che mi sono immaginata è un giardino zen, con bonsai, ruscello e sassi posizionati in modo preciso... la tranquillità assoluta, la musica bassa in sottofondo, il profumo caldo del legno, una tazza di tè...
Ecco, ditemi voi se non potrebbe piacervi l'idea di un sicario così.

In questo libro si racchiude una grande parola nonostante la storia, ed è Gentilezza.

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