4/5 Trama: Lontano da tutto, tra i boschi, in un vecchio
borgo abbandonato e deserto, un uomo vive in totale solitudine. Ma un
mistero turba il suo isolamento: ogni notte, sempre alla stessa ora, il
buio è improvvisamente spezzato da una lucina che si accende sulla
montagna, proprio di fronte alla sua casa di pietra. Cosa sarà? Un
abitante di un altro paese disabitato? Un lampione dimenticato che si
accende per qualche contatto elettrico? Un ufo? Un giorno l'uomo si
spinge fino al punto da cui proviene la luce. Ad attenderlo trova un
bambino, che vive anche lui solo in una casa nel bosco e sembra uscito
da un'altra epoca o, davvero, da un altro pianeta. Nuove domande
affollano la mente dell'uomo: chi è veramente quel bambino? E quale
rapporto li lega? Lo scopriremo a poco a poco, avvicinandoci sempre più
al cuore segreto di questa storia terribile e lieve, fino
all'inaspettato finale. Con questo suo "piccolo principe", Antonio
Moresco mette in scena una meditazione commossa sul senso dell'universo e
della vita. In un dialogo continuo con gli esseri che popolano i
boschi, radici aeree, alberi, lucciole, rondini, Moresco come Leopardi
riflette sulla solitudine e il dolore dell'esistenza, ma anche su ciò
che lega uomini e animali, vivi e morti.
E' il primo libro di Moresco che leggo. Avevo letto delle recensioni ad
altri libri e andando in biblioteca mi è capitato questo tra le mani.
Non so se sia questo il suo genere, per tutti i libri intendo, ma questa piccola perla l'ho veramente assaporata e apprezzata.
Il protagonista mi ricordava un po' mio papà, quando diceva che avrebbe voluto invecchiare tra i monti, in mezzo alla natura e con il minimo indispensabile.
L'ambientazione mi ha dato quella ventata di aria frizzante che solo la montagna è in grado di darti.
E la storia gotica è stata suggestiva, tenera quasi dolce, di spettrale non c'era nulla.
Non so se sia questo il suo genere, per tutti i libri intendo, ma questa piccola perla l'ho veramente assaporata e apprezzata.
Il protagonista mi ricordava un po' mio papà, quando diceva che avrebbe voluto invecchiare tra i monti, in mezzo alla natura e con il minimo indispensabile.
L'ambientazione mi ha dato quella ventata di aria frizzante che solo la montagna è in grado di darti.
E la storia gotica è stata suggestiva, tenera quasi dolce, di spettrale non c'era nulla.
Note
PAG.133
Erano loro che riempivano i calamai con
dei pezzi di carta assorbente, per farlo asciugare più in fretta, perché
si divertivano a vedermi arrivare con quella caraffa di latta per
riempirli di nuovo. Intingevano i pennini in quella poltiglia di
inchiostro e di carta assorbente, restavano sempre quei peluzzi nelle
parole che scrivevano sui quadernoi, cercavano di tirarli via con le
dita prima di ricominciare a scrivere, dalla punto del pennino,
staccavano anche il pennino dalla cannuccia per toglierli meglio,
avevano sempre le dita tutte nere di inchiostro. Si scambiavano i
pennini, tirandoli fuori dalle loro scatoline. Ce n'erano di rame,
d'acciaio, dorati, e avevano molte forme: a torre, a lancia, a
bastoncino... Ogni bambino aveva le sue preferenze. Si chiamavano
proprio così: la torre, la lancia, il bastoncino... Andavano dal
cartolaio e gli dicevano mi dia una lancia, oppure tre bastoncini, due
torri... E il cartolaio andava a prendere la scatolina giusta. Bidello,
bidello! E' finito l'inchiostro! chiamavano dalle aule, con quelle loro
vocine. E io correvo... ALoora ero il bidello della mattina, quando sono
entrato qui. Be', insomma, diciamola tutta... quando ero vivo.
PAG.141
"Chissà se il cielo ha sopra di sé un altro cielo?"
PAG.143
Certe volte penso che non ci siano più dei
vivi, nel resto del mondo. Ma ce ne sono. Perché oggi pomeriggio,
mentre c'era ancora luce, alzando all'improvviso gli occhi, ho visto che
l'azzurro terso era attraversato da parte a parte da una stricia bianca
perfettamente diritta che si allungava nel cielo, tracciata da un aereo
così lontano che non se ne sentiva nemmeno il rombo nella vastità dello
spazio.
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