lunedì 12 giugno 2017

L'AVVERSARIO di Emmanuel Carrere

Trama 5/5: "Il 9 gennaio 1993 Jean-Claude Romand ha ucciso la moglie, i figli e i genitori, poi ha tentato di suicidarsi, ma invano. L'inchiesta ha rivelato che non era affatto un medico come sosteneva e, cosa ancor più difficile da credere, che non era nient'altro. Da diciott'anni mentiva, e quella menzogna non nascondeva assolutamente nulla. Sul punto di essere scoperto, ha preferito sopprimere le persone il cui sguardo non sarebbe riuscito a sopportare. È stato condannato all'ergastolo. Sono entrato in contatto con lui e ho assistito al processo. Ho cercato di raccontare con precisione, giorno per giorno, quella vita di solitudine, di impostura e di assenza. Di immaginare che cosa passasse per la testa di quell'uomo durante le lunghe ore vuote, senza progetti e senza testimoni, che tutti presumevano trascorresse al lavoro, e che trascorreva invece nel parcheggio di un'autostrada o nei boschi del Giura. Di capire, infine, che cosa, in un'esperienza umana tanto estrema, mi abbia così profondamente turbato - e turbi, credo, ciascuno di noi." (Emmanuel Carrère) 

Il libro narra un fatto realmente accaduto, quindi nelle prime righe ci viene presentato il fatto: "Il 9 gennaio 1993 Jean-Claude Romand ha ucciso la moglie, i figli e i genitori, poi ha tentato di suicidarsi, ma invano."
La narrazione poi prosegue tra i vari processi sia pratici che interiori della vicenda.
Della storia in sé non ci sarebbe altro da dire, non è un libro di cui spoilerare o meno, è un fatto e quindi è sufficiente a descriversi. Il vero senso è quello che diamo noi a questa storia.
Anche Carrere ha cercato di capire e di spiegare, quanto gli era possibile almeno, con sentimenti religiosi o meno che si vogliano chiamare in causa.
Ora io non sono religiosa quindi non voglio affrontare la questione di grazia divina, pentimento, riscatto e tutto il resto.
Vorrei per un attimo capire a livello umano e psicologico cosa può portare un uomo a vivere un ventennio di menzogne e alla fine per non dire la verità a fare una strage.
Io non so voi, però anche senza arrivare a certi gesti folli, a me è capitato di fare alcune scelte nella mia vita praticamente e ovviamente assurde, senza nessuna spiegazione logica. E alla domanda Perché l'hai fatto? io non avevo nessuna risposta da dare. Nemmeno una qualche scusa campata in aria del tipo -Pensavo fosse la cosa migliore -Non mi sono sentita -Ho avuto paura e ho preferito defilarmi -Semplicemente non mi andava -Questa cosa mi andava stretta mi sentivo soffocare ecc....
Di sicuro non voglio dire che comprendo e tollero la strage che ha fatto questo caro signore, però non mi sento nemmeno di condannarlo a priori, perché capisco che ci siano nella nostra mente dei meccanismi strani che a volte ci portano in direzioni assurde senza un senso logico e che alla fine questi meccanismi ci annientino e per paura reagiamo in maniera sbagliata.
Ho qualche piccola esperienza in fatto di psicologi, e devo dire che spesso è la società stessa che viste le nostre predisposizioni caratteriali ci affibbia un ruolo preciso. In sostanza gli altri si aspettano qualcosa da noi, e quel qualcosa è ben chiaro agli altri mentre a noi meno... questo spesso ci mette in discussione e più spesso ancora in crisi.
Penso che sia una questione delicata, come molte che succedono tutti i giorni ultimamente, basta guardare un telegiornale. Di primo acchito è scandaloso che succedano, ma è ancora più scandaloso che si trattino questi argomenti come notizie bomba senza poi darne un senso logico.
Hanno un impatto deleterio dentro di noi.

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