venerdì 11 agosto 2017

CADE LA TERRA di Carmen Pellegrino

 Trama 5/5: Con Carmen Pellegrino "l’abbandonologia" diviene scienza poetica. Ora questo modo particolare di guardare le rovine, di cui molto si è parlato sui giornali e su internet, ha il suo romanzo: questo. Un romanzo importante perché tutti ci portiamo dentro un piccolo paese abbandonato.
Alento è un borgo abbandonato che sembra rincorrere l’oblio, e che non vede l’ora di scomparire.Il paesaggio d’intorno frana ma, soprattutto, franano le anime dei fantasmi corporali che Estella, la protagonista di questo intenso e struggente romanzo, cerca di tenere in vita con disperato accudimento, realizzando la più difficile delle utopie: far coincidere la follia con la morale.Voci, dialoghi, storie di un mondo chiuso dove la ricchezza e la miseria sono impastate con la stessa terra nera. Capricci, ferocie, crudeltà, memorie e colpe di un paese di “nati morti” che si tormenta nella sua più greve contraddizione: voler essere strappato alla terra pur essendone il frutto.Cade la terra è un romanzo che acceca con la sua limpida luce gli occhi assonnati dei morti: sembra la luce del tribunale della storia, ma è soltanto il pietoso tentativo di curare le ferite di un mondo di “vinti”, anime solitarie a cui non si riesce a dire addio perché la letteratura, per Carmen Pellegrino, coincide con la loro stessa lingua nutrita di “cibi grossolani”. Seppellirli per sempre significherebbe rimanere muti.Ma c’è orgoglio e dignità in queste voci, soprattutto femminili. Tornano in mente le migliori pagine di Mario La Cava, Corrado Alvaro e Silvio D’Arzo: prose appenniniche petrose ed evocative, come di pianto riscacciato in gola, la presa d’atto dell’impossibilità d’ogni epica.Cade la terra è tassello romanzesco importante della grande letteratura meridionale novecentesca. Che venga pubblicato ora, in altro secolo, è solo la dimostrazione che gli orologi non sempre indicano l’ora esatta.(Andrea Di Consoli)
***
Quando ero più ragazzina e andavo a camminare sulle Dolomiti con papà (lui era appassionato della prima guerra mondiale e sullo Dolomiti ogni angolo c'è qualcosa, una caverna una trincea dei resti) cercavo di ripercorrere le trincee e nelle grotte entravo senza nemmeno guardare se era pericoloso o meno, e più in profondità andavano e più mi avventuravo (senza un minimo di coscienza) e anche nei fortini facevo la stessa cosa.
Poi quando negli anni 90 abbiamo cambiato casa, sulla nostra via c'era una villa oramai in disuso ma il giardino era ancora ben curato...così nei pomeriggi estivi, nella calura, accompagnata dalle cicale, mi avventuravo in questa villa, di nascosto, entravo da una vetrata lasciata aperta e girovagavo, ne ascoltavo i rumori gli scricchiolii, raccoglievo un disegno da terra, un vasetto, qualcosa che mi parlasse di chi era lì prima di me, che mi parlasse di quella casa... E questa abitudine e curiosità mi sono rimaste tuttora, è un attimo che io sparisca dentro da qualche parte, è una forza irresistibile che mi attrae. E leggendo questo libro, in cui la terra si muove continuamente e gli abitanti se ne vanno pian piano, mi sono tornate in mente proprio queste mie incursioni. Ed è stato un viaggio bellissimo, e io questo libro lo consiglio a tutti, perché le cose abbandonate non sono inutili, in realtà le cose abbandonate hanno ancora molto da dire e da raccontare, le case e i giardini raccontano delle persone, i paesini abbandonati racconta di leggende, le montagne raccontano la guerra, basta saper ascoltare e guardare con la giusta prospettiva, basta saper chiudere gli occhi tacere e farsi raccontare.

Nessun commento:

Posta un commento