venerdì 11 agosto 2017

IO E MABEL di Helen Macdonald


Trama 4/5: L’improvvisa morte del padre getta Helen Macdonald in una cupa depressione. Ma un sogno ricorrente le fa scattare una sorta di epifania: per uscire dal gorgo addestrerà un astore, un grosso e feroce rapace. La prima apparizione della bestia dallo scatolone che la trasporta, illuminata da uno squarcio di sole, ha la qualità del miracolo spaventoso, del monstrum medievale («Un rettile. Un angelo caduto. Un grifone dalle pagine di un bestiario miniato»). Macdonald si dedica esclusivamente all’astore, in un isolamento ossessivo. Il racconto dell’addestramento, dell’osservazione del comportamento della giovane Mabel (cosí chiama infatti il rapace), della paura, della fascinazione e della strana tenerezza che prova per l’animale sono resi in una lingua che, di volta in volta, si trasforma e si adatta: l’asciuttezza degli episodi piú emotivi, la bellissima precisione terminologica dell’argot della falconeria, la tenerezza del ricordo; le incantevoli descrizioni del mondo naturale in cui Macdonald e il suo rapace sono immerse durante gli allenamenti, e dove il linguaggio fiorisce al massimo della sua ricchezza, del suo lirismo e della sua potenza. Sono infiniti gli spunti all’interno di questo libro singolare, grazie alla visione analitica, esatta e immaginifica dell’autrice, infiniti i dettagli rivoltati e osservati da una nuova angolazione, cosí come il padre le aveva insegnato, e nonostante la loro apparente autonomia sono tenuti insieme con una coesione sorprendente, in una composizione perfetta e senza sbavature.

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Mi hanno sempre affascinato nelle fiere medievali i falconieri con queste meravigliose creature appollaiate sul braccio. Sono degli animali selvatici, bellissimi, che non possono certo diventare domestici, ma sono di una maestosità immensa.
Sembra di essere di fronte ad un animale mistico, volano così in alto e lontano da noi che quasi quasi non esistono, creature mitologiche di cui tutti ne parlano ma solo pochi hanno il piacere di vederle. E dietro questa facciata il "mestiere" del falconiere non deve essere semplice, per nulla, dare fiducia e ottenere fiducia dalla creatura. D'altra parte non è come un gatto o un cane, è diverso.
Questo libro mi aveva affascinato già dalla copertina, poi la lettura inizialmente è stata un po' difficile, perché mi aspettavo la vita di Helen con la sua astore Mabel raccontata nei minimi particolari. Invece mi sono ritrovata una sorta di scopiazzatura di un altro libro famoso, ovvero L'astore di T.H. White (The Goshawk) che è stato ripubblicato di recente. White per intenderci è quello che ha scritto anche La spada nella roccia. Insomma mi sono trovata un'attenta e accurata analisi di White, dei suoi fallimenti con Gos, delle sue problematiche di omosessualità ecc... cosa che appunto se volevo leggere mi sarei presa il suo libro, non questo.
Sono arrivata al capitolo 23 "Commemorazione" pag.209 e lì è stata una discesa meravigliosa, è stato molto introspettivo perché la protagonista perde il padre e non riesce ad accettarlo, ma da qui, un po' per il suo lavoro con Mabel un po' perché ha imparato da White, un po' perché capita a tutti, un giorno di alzi dal letto e capisci dove sbagli, qual è il tuo posto in questo mondo dopo la perdita e quei terreni dove lei andava con l'astore tu li vedi attorno a te, i graffi sulla pelle in mezzo alle sterpaglie te li sei fatti anche tu, e la ferita sul cuore ce l'hai anche tu, ed è tutto poeticamente perfetto e meraviglioso.
E sono contenta di averlo letto e di non aver perso la fiducia!

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