venerdì 11 agosto 2017

LE COSE CHE RESTANO di Jenny Offill

Trama 5/5: Il padre di Grace crede nella scienza e costruisce per la figlia una casa di bambole con luci che si accendono davvero. La madre di Grace le racconta leggende africane e trascrive la storia dell’universo in una stanza dalle pareti dipinte di nero. Grace ha otto anni e la sua vita è come un labirinto da cui si diramano sentieri per altri mondi, fatti di numeri e fiabe, assurdità e meraviglie: ma poco alla volta anche quei mondi sbiadiscono, e la sua famiglia si disgrega. Grace è costretta a scegliere tra i propri genitori vulnerabili, diversissimi, pieni di difetti, e per farlo deve lasciare la sua casa nel Vermont e spingersi fino alle strade allagate di New Orleans, al deserto del Nevada, in un viaggio drammatico e fiabesco. Con la stessa poesia e intelligenza feroce di "Sembrava una felicità", Jenny Offill tesse il racconto di una bambina che vuole ardentemente capire la differenza tra verità, menzogna e speranza. Un romanzo che parla del confine sottile tra futuro e passato, il filo d’acciaio del presente su cui camminiamo come funamboli.

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Questo è il tipico libro difficilissimo da recensire.
Ad una prima e superficiale lettura sembra un libro insignificante, perché racconta le storie di una bimba di 8 anni (e la voce narrante per me è lei più grande) con una madre un po' bizzarra e sognatrice e un padre all'opposto metodico e pragmatico.
Ma tra le righe ci sono molti interrogativi e fa riflettere sulla vita futura di ogni "figlio" in base ai genitori che si ritrova. C'è chi pensa che avere i genitori sulle nuvole sia un vantaggio per avere un'infanzia felice e divertente, ma che poi non ti permette di avere le basi per una vita responsabile. Poi c'è chi pensa che avere genitori poco elastici e con mille regole sia una noia mortale per l'infanzia ma che in prospettiva a lungo termine permette di essere assolutamente ligi e corretti.
Insomma, dove sta la verità? La verità secondo me si colloca un po' di qua e un po' di là, gli estremi non vanno mai bene, però trovo che sia giusto avere genitori che ti permettono di sognare, genitori che ti raccontano storie, che ti permettono di inventarle e aggrapparti a questi sogni per rimanere un po' bambino sempre. Poi con l'andare dell'età sarà la vita stessa che ti togle i sogni, perché diciamolo fintanto che studi pensi sempre di sognare o di poter fare qualsiasi cosa, poi appena ti danno un lavoro (a me è capitato così), sembra che ti tolgano qualsiasi voglia di sognare ancora e alla fine, passano gli anni e non hai più nulla. Io ho avuto la fortuna di poter giocare e inventare storie con i miei genitori e ne ho un ricordo talmente bello che vorrei essermi fermata all'epoca. Poi mi hanno dato anche le giuste chiavi per crescere ed adattarmi alla vita, ma dentro di me un pizzico di sogno ce lo metto sempre perché lo trovo un ingrediente fondamentale per poter sopravvivere in mezzo a tanta deprimente realtà. D'altro canto se fossi cresciuta in mezzo a mille regole, mille restrizioni, mille impegni da adulti come vedo molti bambini moderni, penso che sarei diventata un adulto peggiore, perché mi avrebbero tolto già da parecchio tempo la capacità di sognare.
Non intendo "sogno" nel senso di vivere con la testa tra le nuvole, intendo la capacità di conoscere la differenza tra sogno e realtà e rifugiarsi in una o nell'altra a seconda del bisogno. Questo forse è ciò di cui devo ringraziare di più i miei genitori.
In questo libro sono presentati gli estremi, e in mezzo c'è questa bambina di 8 anni che si trova tra la mamma fin troppo sulle nuvole e il papà fin troppo pratico. La lettura è molto scorrevole ma al tempo stesso tagliente e spietata come poche. L'ho trovato un libro veramente molto profondo e che da spunto per moltissimi approfondimenti, ma soprattutto da spunto per leggere tra le pagine la storia di ogni lettore, l'analisi di ogni genitore che abbiamo avuto e che saremo, o che non saremo.
Una piccola perla tra i libri di questo stupendo editore :)

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