mercoledì 2 agosto 2017

PARADISO E INFERNO di Jón Kalman Stefánsson

Trama 4/5: È l’Islanda, dove le forze primordiali della natura rendono i destini immutabili nel tempo, il luogo di questo racconto di gente di mare persa nell’asprezza dei giorni e delle notti, di un Ragazzo segnato dalla solitudine, e del suo grande amico Bárður, pescatore di merluzzo per necessità, ma in realtà poeta, sognatore, innamorato dei libri e delle parole, le uniche in grado di “consolarci e asciugare le nostre lacrime, sciogliere il ghiaccio che ci stringe il cuore”. Parole che possono anche essere fatali: come per Bárður, rapito da quel verso del Paradiso perduto di Milton che ha voluto rileggere prima di imbarcarsi, al punto da dimenticare a terra la cerata, correndo il rischio di trovare una morte invisibile e silenziosa come quella dei pesci. Storia di tragedia e di ritorno alla vita all’inseguimento di un destino diverso, Paradiso e inferno è un’avventura iniziatica, un viaggio metafisico, la ricerca di un senso e di uno scopo alto nella vita, ma soprattutto un inno al potere salvifico delle parole. Con una scrittura magnetica che decanta l’essenziale, Jón Kalman Stefánsson racconta con infinita tenerezza un’amicizia, la storia di due ragazzi che si innalza in una sfera magica sopra il frastuono del mondo, per ricordare che la vita umana è sempre una gara contro il buio dell’universo, in cui “non abbiamo bisogno di parole per sopravvivere, ne abbiamo bisogno per vivere”.
[Volume 1 Trilogia Islandese]

Partiamo dal presupposto che io non sono particolarmente amante del mare, non sono mai stata abituata ad andarci in vacanza, e nemmeno nelle calde domeniche d'estate non prendo la macchina per andare alla spiaggetta a un'ora da casa mia.
Preferisco andare al fiume, meno gente, meno caldo, e soprattutto non sono obbligata ad entrare in contatto con l'acqua... al fiume in ogni caso l'acqua arriva al ginocchio, quindi credo di riuscire a non annegare (non so nuotare).
Quindi quando penso al mare del nord Europa, mi immagino un mare freddo e burrascoso, paesi piovosi, nebbiosi, tonalità di grigio, e non me lo immagino mai d'estate.
Questo libro è altrettanto freddo e burrascoso.
Il mare è una fonte di sostentamento, la pesca al merluzzo andata male potrebbe segnare la sopravvivenza di molte persone, per non parlare del fatto che è già rischioso affrontare il mare.
Una dimenticanza, come lasciare la cerata per ripararsi da pioggia e mare, potrebbe essere fatale.
Avevo letto i commenti di altri lettori che hanno apprezzato la prima parte del libro e molto meno la seconda, invece per me è stato il contrario.
Appunto per la mia poca (se non nulla) affinità con il mare, la prima parte mi è sembrata estremamente noiosa in un primo momento, poi in realtà l'ho apprezzata perché ho immaginato all'opposto la montagna, ambiente più affine a me, e pur non essendoci gli stessi pericoli, ce ne sono altri, ma la filosofia è la stessa. Ognuno è solo di fronte al grande mare/montagna, solo con se stesso, solo con i propri limiti, solo con il suo gruppo per sopravvivere. E solo di fronte alla morte di un amico.
La seconda parte è il racconto del "ragazzo" che torna al paese, decretando la fine della sua esperienza in mare per la pesca al merluzzo.
Qui incontrerà dei personaggi che ai fini della storia sono senza dubbio secondari e non importanti, ma fondamentali per capire la sua evoluzione nell'accettare la morte e il suo senso di colpa.
Il ragazzo per un po' sembra non trovare una ragione per vivere, e poi piano piano sembra che le persone che incontra, dalle più assurde alle più umane, altro non sono che l'altra faccia della medaglia dell'essere solo in mare.
Quando torni a riva trovi una mano che si tende verso di te.
Una metafora della vita.
Il primo passo è farsi aiutare, accettare l'aiuto degli altri, la vita vien da sé.

Note
PAG.73
Chi non ha neanche un sogno è in grave pericolo.

PAG.93
Le lacrime alleviano e consolano, ma non basta. Non è possibile infilarle una dopo l'altra e calarle come una corda luccicante nelle profondità oscure per riportare in superficie chi è morto e avrebbe dovuto vivere.

PAG.97
Chi muore si trasforma immediatamente in passato. Poco importa quant'era importante, quanta bontà o quanta voglia di vivere avesse, o come sia impensabile l'esistenza senza di lui: la morte dice "preso!" e la vita svanisce in un secondo e la persona si trasforma in passato. Tutto quello che era legato a lei diventa un ricordo che lotti per conservare, che è un tradimento dimenticare.

PAG.107
L'inferno è essere morti e rendersi conto che non hai avuto cura della vita quando ne avevi la possibilità.

PAG.144
Ma la realtà non ti permette mai di allontanarti troppo, non le sfuggi che per un attimo, ha in suo potere i vivi come i morti ed è quindi una questione di salute mentale, di inferno o paradiso, rendere la realtà un posto migliore.

PAG.149
...Perché spesso capita che dobbiamo aggrapparci a qualcosa per non perderci o non cadere a testa in giù, può essere un corrimano o ancora meglio un'altra mano.

PAG.152
...La mente umana ospita evidentemente spazi infiniti, possibilità immense anche se per lo più inutilizzate perché l'esistenza si irrigidisce subito nel quotidiano, e le possibilità diminuiscono a ogni anno che passa, alcune vaste regioni della mente spariscono o si trasformano in deserto.

PAG.171
...Lei con un sacchetto, lui chino sotto il suo fardello, grato di quel peso, chi porta un peso può dimenticare se stesso nello sforzo, riposare lo spirito, e intanto non è dilaniato dalle incertezze.

PAG.190
A volte bisogna che un mondo vada distrutto, perchè ne possa nascere un altro.

PAG.215
Le parole sono frecce, proiettili, uccelli leggendari all'inseguimento degli dei, le parole sono pesci preistorici che scoprono un segreto terrificante nel profondo degli abissi, sono reti sufficientemente grandi da catturare il mondo e abbracciare i cieli, ma a volte le parole non sono niente, sono stracci usati dove il freddo penetra, sono fortezze in disuso che la morte e la sventura varcano con facilità.

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