giovedì 10 agosto 2017

RUGGINE AMERICANA di Philipp Meyer


Trama 5/5: A Buell, in Pennsylvania, il sogno americano prende la ruggine accanto alle fabbriche chiuse e alle acciaierie dimesse. Il lavoro che se ne va lascia dietro di sé una comunità in cui la fine del sogno di una nazione si ripete, ogni giorno, nei sogni infranti dei suoi abitanti. Come quelli di Isaac English: vent'anni, timido, insicuro, ha il cervello di un genio ma il college rimane un sogno da quando la madre si è suicidata e lui, qualche tempo dopo, ha tentato di imitarla. Sarebbe morto se non l'avesse salvato Billy Poe. Billy, da parte sua, non è molto sveglio, ma in compenso è grande e grosso: a scuola era un campione di football tanto da guadagnarsi una borsa di studio per l'università. Andarsene avrebbe significato stare alla larga dai guai ma ad abbandonare sua madre e la baracca in cui vivono non ce l'ha proprio fatta. Poi un giorno, dopo anni passati ad accudire il padre invalido, Isaac decide di scappare di casa e partire per la California. Appena fuori città si imbatte nell'amico Billy e quando scoppia un temporale decidono di ripararsi in un capannone abbandonato: l'incontro con tre senzatetto darà inizio a un'imprevedibile catena di eventi che segneranno per sempre le vite di Isaac, Billy e degli altri personaggi.

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Non è facile recensire un libro che tocca tanti tasti... sarebbe come focalizzarsi su una nota soltanto mentre suona un pianoforte.
Infatti di fronte a Ruggine Americana mi trovo molto in difficoltà.
E' un romanzo a più voci, o meglio vista l'introspezione, è un romanzo a più sentimenti.
I capitoli sono alternati e sono i vari personaggi che parlano un po' del contesto, molto di più dei loro sentimenti appunto.
Il gioco di alternare i capitoli a me piace tanto, l'ho già detto tante volte, ma è un piccolo accorgimento per non rendere mai noiosa la narrazione e farla scorrere più veloce, ed è come un impasto che si crea, un'amalgama di ingredienti... risultato eccellente.
Qualche anno fa avrei faticato nel capire un paese intero ricoperto dalla ruggire reale e metaforica causata dalla crisi di un'acciaieria, ma negli ultimi anni questa crisi si è vista anche in Italia, e qualche paese fantasma lo si vede anche dalle nostre parti. Però diciamo che è inutile dannarsi, il sapore dell'America, i suoi paesi, le sue storie, si percepiscono vivi, molto più di quanto abbiano attorno.
La sostanza direi che è elementare, un paese che oramai sembra un fantasma e porta con sé non solo la disperazione di arrivare a fine mese, o proprio di chiudere baracca e andarsene, ma anche un bagaglio di sentimenti, uno stacco netto tra il prima e il dopo, che qui decisamente è una costante.
Il prima e il dopo della crisi dell'acciaieria, il prima e il dopo dell'incidente di Henry English, il prima e il dopo della morte della madre di Isaac English, il prima e il dopo della partenza di Lee, il prima e il dopo della crisi con Virgil, il prima e il dopo del pestaggio da parte di Billy, il prima e il dopo del rapporto con Harris, il prima e il dopo dell'incidente avvenuto alla fabbrica abbandonata con Billy e Isaac, il prima e il dopo della partenza di Isaac... e si potrebbe andare avanti fino alla fine del libro...
Il fatto è che ci sono delle situazione che creano una spaccatura netta, non sono quelle cose che dici pazienza adesso mi rimbocco le maniche e ricomincio una nuova vita, no no sono quelle cose che c'è un prima un dopo e in mezzo un dramma.
E in questo dramma ci sono scelte, non sempre facili e non sempre positive che cambiano tutto.
E' un libro duro, profondo, freddo e spietato, non facile da leggere, ma visto che è un'opera prima, mi sento di dire che è stata veramente una lettura eccellente.

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